Belle Greene, la bibliotecaria che conquistò l’America

ritratto di belle greene

Le origini nascoste

Belle da Costa Greene, alla nascita Belle Marion Greener, viene al mondo a Washington DC nel 1884, figlia di Genevieve Ida Fleet e Richard Theodore Greener, avvocato e attivista per i diritti dei neri e primo uomo afroamericano ad essersi laureato all’Università di Harvard.

Il padre, pur essendo un uomo brillante, non si fa carico della famiglia della cui tutela si deve occupare la moglie.

Si separano alla fine dell’Ottocento e Genevieve decide di trasferirsi con i suoi cinque figli a New York. Come il marito la donna ha origini miste e la pelle chiara, qualità trasmessa anche ai figli, e perciò prende la decisione di cambiare il proprio cognome in Greene, effettuando il cosiddetto passing, il valico della “linea del colore”, dichiarandosi bianca e con lei tutti i suoi figli.

Crescendo Belle aggiunge da Costa al suo cognome, volendo suggerire che il suo colorito olivastro e i capelli bruni derivassero da un’ascendenza aristocratica portoghese.

Nascondere le proprie origini falsificando i documenti era un atto contro la legge, ma che molte persone si vedevano costrette a compiere per via delle stringenti regole legate alla razza che identificavano come “colored” chiunque avesse anche un solo antenato nero.

Per poter ambire a migliorare le proprie condizioni di vita questa era l’unica soluzione e perciò anche la Greene si vedrà costretta ad adottarla.

Se si fossero conosciute le sue radici familiari Belle non avrebbe mai potuto essere assunta nel 1905 da J.P. Morgan come bibliotecaria della sua immensa collezione d’arte e volumi rari.

L'incontro con J.P. Morgan

John Pierpont Morgan, noto come J.P. Morgan, è stato uno dei più influenti uomini d’affari e banchieri della storia americana. Divenuto una figura centrale nel settore finanziario e industriale degli Stati Uniti alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo, ha giocato un ruolo chiave nella fondazione e nell’espansione di molte delle più grandi aziende del suo tempo, tra cui General Electric e U.S. Steel.

J.P. Morgan non era solo un uomo d’affari di successo, ma anche un appassionato collezionista d’arte e di libri.

La sua biblioteca personale era una delle più impressionanti del suo tempo, con volumi che spaziavano dalla letteratura classica ai testi religiosi, scientifici e filosofici. Questa collezione non era solo un passatempo per Morgan, ma rifletteva il suo interesse per la conoscenza e la storia.

Belle conosce Morgan quando lui ha ormai quasi settant’anni e lei è una giovane e bella ragazza di ventisei.

La sua voglia di emergere e la passione per i libri le permettono di ottenere la gestione del vastissimo patrimonio culturale della Pierpont Morgan Library creata a New York dal ricco magnate.

Fu assunta, infatti, da J.P. Morgan nel 1905 su raccomandazione del critico d’arte Bernard Berenson, con l’incarico di organizzare, catalogare e sistemare la collezione di Morgan.

Morgan si affidava completamente al giudizio di Greene nelle questioni relative alla biblioteca e alle sue collezioni. Nonostante le voci di una loro relazione si sono susseguite negli anni, la relazione fra i due fu semplicemente un rapporto basato su grande stima e affetto costruito anche grazie alla dedizione e al duro lavoro di Belle.

La sua fortunata carriera

belle da costa greene foto d'epoca
Belle da Costa Greene

Per la sua giovane età e le responsabilità derivate dal suo ruolo la Greene diviene in poco tempo un volto conosciuto dell’alta società e crea parecchio scalpore soprattutto in un mondo come quello dell’arte ancora di dominio maschile.

A qualificare il personaggio di Belle Greene non è però la sua bellezza ed eleganza quanto la sua grande cultura e le sue capacità nel curare una collezione che valeva più di un milione di dollari.

Come direttrice della Pierpont Morgan Library, Greene giocò un ruolo cruciale nell’espansione e nella gestione delle collezioni di J.P. Morgan.

Fu responsabile dell’acquisizione di numerosi manoscritti, libri rari e opere d’arte, spesso viaggiando in Europa per trovare e negoziare l’acquisto di pezzi di grande valore.

Greene aveva un occhio esperto per il valore e la qualità delle opere, e la sua abilità contribuì a fare della Pierpont Morgan Library una delle più importanti collezioni private al mondo.

Il suo successo più grande è forse l’acquisto di diciassette incunaboli stampati da William Caxton e risalenti al XV secolo.

Gli ideali

Belle Greene
Belle da Costa Greene vestita con le ultime tendenze parigine

Belle da Costa Greene era una figura straordinaria non solo per il suo lavoro come direttrice della Pierpont Morgan Library, ma anche per i suoi ideali e la sua lotta per rendere i manoscritti e i volumi rari più accessibili.

Greene credeva fermamente che la conoscenza contenuta nei manoscritti e nei volumi rari dovesse essere accessibile non solo a una ristretta élite di studiosi e collezionisti, ma anche al pubblico più ampio possibile.

Questo ideale la spinse a lavorare per trasformare la Pierpont Morgan Library da una collezione privata in un’istituzione pubblica.

Pur promuovendo l’accessibilità, Greene era anche impegnata nella preservazione delle collezioni.

Sapeva che per rendere i materiali disponibili al pubblico, era necessario garantire che fossero conservati adeguatamente.

Questo equilibrio tra accessibilità e conservazione era al centro del suo approccio gestionale.

Nasce la Morgan Library

interno della j. P. Morgan Library and Museum
Interni della J.P. Morgan Library and Museum

Alla morte di Morgan, avvenuta nel 1913, la collezione della biblioteca passa nelle mani del figlio che aveva ereditato dal padre la passione per le rarità.

Anche Belle riceve una parte di eredità, cinquantamila dollari, e viene confermata alla guida dell’istituzione privata.

Qualche anno più tardi, nel 1924, Jack Morgan decide di trasformare la biblioteca in un’istituzione pubblica mettendone a capo la Greene che rimarrà direttrice fino al 1948 anno del suo ritiro.

Morirà due anni più tardi per colpa di un tumore lasciando alle future generazioni, soprattutto alle giovani donne, una grande lezione sul credere sempre in se stesse e nelle proprie capacità per conquistare grandi traguardi.

La trasformazione della Pierpont Morgan Library in un’istituzione pubblica, un cambiamento radicale rispetto al suo stato originale di collezione privata di J.P. Morgan, fu uno dei risultati più significativi del lavoro di Greene.

Questo passo fu cruciale per rendere accessibili le preziose collezioni a una più ampia platea di studiosi e appassionati.

Greene promosse la collaborazione con altre istituzioni culturali e accademiche. Incoraggiava gli studiosi a utilizzare le collezioni della biblioteca per la ricerca e la pubblicazione, contribuendo così alla diffusione della conoscenza contenuta nei manoscritti e nei libri rari.

Greene organizzava regolarmente mostre che mettevano in mostra i tesori della biblioteca. Queste mostre erano progettate per attirare il pubblico e per educarlo riguardo all’importanza storica e culturale delle collezioni.

Gli eventi culturali e le conferenze associati alle mostre offrivano ulteriori opportunità di apprendimento e di accesso ai materiali rari.

Il lavoro di Belle da Costa Greene ha avuto un impatto duraturo sul mondo delle biblioteche e del collezionismo d’arte. La sua dedizione all’accessibilità e alla democratizzazione della conoscenza ha contribuito a cambiare il modo in cui le collezioni rare vengono gestite e condivise con il pubblico.

Oggi, la Pierpont Morgan Library, conosciuta come The Morgan Library & Museum, continua a essere una delle principali istituzioni culturali e educative del mondo, in gran parte grazie alla visione e agli sforzi di Greene.

I cavalieri erranti e le loro fantastiche avventure

illustrazione di cavalieri erranti

Ma chi erano i cavalieri erranti?

«Sembrami, signor canonico, che il suo discorso tenda a farmi credere che non abbiano avuto mai esistenza al mondo i cavalieri erranti e che i libri tutti di cavalleria sieno falsi, bugiardi, nocivi ed inutili alla repubblica. Ella aggiunge ch’io ho fatto male nel leggerli e peggio nel prestarvi fede, e più male ancora nell’imitarli, intrapreso avendo di farmi seguace della durissima professione della errante cavalleria da essi insegnata». Così rispose Don Chisciotte al termine della prima parte dell’omonimo libro, quando un curato cercò di convincerlo ad abbandonare la sua vita errante e a ritornare a casa.

illustrazione cavalier errante Quijote

Don Chisciotte è fortemente risentito dal fatto che si possa dubitare che i cavalieri erranti siano esistiti e aveva ragione: i cavalieri erranti non furono meri personaggi di fantasia, ma esistevano ben prima della scrittura del capolavoro della letteratura spagnola, basti pensare ai guerrieri in Terra Santa durante le crociate o al Cid Campeador, il grande condottiero che fu al servizio dei re spagnoli e conquistò Valencia.

L’aggettivo “errante” equivale a girovago, ad indicare il vagabondare del cavaliere per vasti territori in cerca di grandi avventure, o allo scopo di dimostrare il proprio valore.

Al di la della rappresentazione letteraria i cavalieri erranti erano l’espressione di quella parte dell’aristocrazia feudale che si era impoverita nel corso dei grandi rivolgimenti avvenuti nel periodo storicizzabile come di passaggio tra l’alto e il basso medioevo. Molti figli secondogeniti, senza eredità e restii a seguire la carriera ecclesiastica, >peregrinavano per corti, regni e castelli per offrire i propri servizi militari, con la speranza di accasarsi un giorno con una nobildonna che portasse loro il patrimonio di cui erano privi. E dove non vi erano guerre da combattere, provavano a distinguersi nei tornei, sfide in cui si cercava di sconfiggere i nemici per poi esigere consistenti riscatti in cambio della loro libertà, tutto ciò in presenza di un pubblico nobile in cui non mancavano le fanciulle da marito.

Descrizione di un cavaliere

illustrazione cavaliere errante si congeda dalla sua dama
Un cavaliere inglese si congeda dalla sua dama. Salterio di Luttrell. XIV secolo. British Library, Londra
Foto: Oronoz / Album

È con loro che nasce e si sviluppa il genere del romanzo cavalleresco, il cui massimo splendore giunge nel XIV-XVI secolo. I protagonisti di questi racconti meravigliosi erano proprio i giovani cavalieri che, lasciando il palazzo di qualche sovrano o potente signore, si mettevano in viaggio per compiere una qualche grande impresa. 

Cosa li accumunava? Innanzitutto un soprannome evocativo, come “cavaliere della Fortuna”, “cavaliere del Cigno” o “cavaliere della Croce”.

In secondo luogo (e non per importanza) un grande obiettivo: una lunga peregrinazione in cerca di un nemico. Questi, come accade in Palmerino di Inghilterra – un romanzo della metà del XVI secolo dedicato all’origine dei bretoni – poteva essere un gigante impadronitosi di un castello, che l’eroe sconfigge, liberando i prigionieri e conquistando così gloria perenne.

Terzo fattore che spingeva questi cavalieri a rischiare una vita errante era la promessa data a una dama di compiere gesta gloriose in suo onore. Perciò portavano sul corpo il simbolo – come un pugnale sulla gamba o un anello al collo – di un asservimento amoroso da cui sarebbero stati “liberati” solo attraverso il combattimento con un altro cavaliere. Queste tenzoni potevano avere luogo durante un torneo celebrato a corte o anche all’aperto, nelle cosiddette “imprese” o “gesta”.

Eroi letterari

Numerose e magnifiche sono le storie dei cavalieri erranti all’interno della letteratura ma alcune più di altre sono impresse nella nostra memoria storico-culturale:

Orlando, l'eroe de La Chanson de Roland

la morte di orlando cavaliere errante

Orlando, o Rolando, marchese di Bretagna, fu uno dei più valorosi paladini di Carlo Magno, ma presto la cristianità medievale ne fece il suo eroe ed il protagonista della più antica chanson de geste, la “Chanson de Roland”, consegnandolo così alla leggenda.

Intorno alla nascita ed alla fanciullezza di Orlando nacquero numerose leggende: di certo egli appartenne alla famiglia reale, ma taluni arrivarono a dirlo il frutto dell’amore incestuoso fra Carlo Magno e la sorella Berta. Il giovane Orlando fu educato a corte, sotto la direzione del vescovo Turpino, e si distinse nella battaglia d’Aspromonte, quando re Carlo stava per essere sopraffatto dai Saraceni, e dove riuscì a strappare al principe nemico la spada Durendal, che divenne la leggendaria ed inseparabile Durlindana.

L’episodio più importante della vita di Orlando fu quello reso celebre dalla chanson, il disastroso agguato nelle gole di Roncisvalle, nel territorio della Navarra, del 778.

Numerose le opere letterarie dove appare l’eroe, tra le più famose: la Chanson del 1100, l’Orlando Innamorato del Boiardo e l’Orlando Furioso dell’Ariosto, questi ultimi considerati tra le opere fondamentali della letteratura italiana.

Lancillotto

illustrazione del cavaliere errante lancillotto

Nel ciclo arturiano, Lancillotto del Lago (o semplicemente Lancillotto, in francese Lancelot du Lac o Launcelot) è uno dei cavalieri della Tavola Rotonda.

Nella maggior parte della letteratura cavalleresca francese (e nelle opere da essa derivate) Lancillotto viene presentato come il più valoroso e fidato dei cavalieri al servizio di Re Artù. L’illecito e tragico amore tra Lancillotto e Ginevra (regina e moglie di Artù), che rompe l’equilibrio di Camelot (diventando una delle cause della sua caduta), fu uno dei simboli dell’amor cortese medievale. È celebre, per esempio, la citazione dantesca di Lancillotto e Ginevra nel canto di Paolo e Francesca della Divina Commedia.

Benché Lancillotto sia uno dei personaggi più celebri del ciclo arturiano, e uno dei meglio noti al pubblico moderno, egli non appare nella leggenda originale. Vi è tuttora un certo dibattito riguardo a chi sia l’autore che ha inventato il personaggio di Lancillotto; certamente, fu Chrétien de Troyes il primo a farne il protagonista di romanzo, il celebre Lancillotto o il cavaliere della carretta.

Don Chisciotte Della Mancia, il cavaliere errante per eccellenza

Don Chisciotte della Mancia (in spagnolo El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha) è un romanzo spagnolo di Miguel de Cervantes Saavedra, pubblicato in due volumi, nel 1605 e 1615. È considerato non solo come la più influente opera del Siglo de Oro e dell’intero canone letterario spagnolo, ma un capolavoro della letteratura mondiale nella quale si può considerare il primo romanzo moderno. Vi si incontrano, bizzarramente mescolati, sia elementi del genere picaresco sia del romanzo epico-cavalleresco, nello stile del Tirant lo Blanch e del Amadís de Gaula. I due protagonisti, Alonso Chisciano (o don Chisciotte) e Sancho Panza, sono tra i più celebrati personaggi della letteratura di tutti i tempi.

Lo scopo di Cervantes è sottolineare l’inadeguatezza della nobiltà dell’epoca a fronteggiare i nuovi tempi che correvano in Spagna, un periodo storico caratterizzato infatti dal materialismo e dal tramonto degli ideali,[4] e contraddistinto dal sorgere della crisi che dominerà il periodo successivo al secolo d’oro appena conclusosi. “Don Chisciotte lamenta la diabolica invenzione della polvere da sparo che aveva messo fine per sempre alla fase cavalleresca della guerra.

illustrazione del cavalier errante Don Chisciotte

Cervantes con il suo protagonista vuole inoltre mettere in ridicolo la letteratura cavalleresca per fini personali. Infatti, egli fu soldato, combatté nella battaglia di Lepanto e fu un eroe reale (ovvero impegnato in battaglie reali in difesa della Cristianità), ma trascorse gli ultimi anni della sua vita in povertà (leggenda vuole che Cervantes trascorse gli ultimi suoi anni di vita in carcere), non solo non premiato per il suo valore, ma addirittura dimenticato da tutti.

Le gesta dei cavalieri erranti

In conclusione i cavalieri erranti non sarebbero esistiti senza le loro incredibili gesta: a queste imprese veniva dato di solito un nome poetico, ispirato ai romanzi cavallereschi. In Francia, per esempio, si celebrarono le gesta della Fonte delle Lacrime, della Bella Peregrina, della Pastorella, del Cavaliere del Cigno, della Dama Sconosciuta… Durante il primo di questi, per un anno intero, nel primo giorno del mese un cavaliere anonimo doveva mettere di fronte a una fonte, sotto una tenda, l’effigie di una dama con un unicorno che portava tre scudi cosparsi di lacrime bianche. L’“avventuriero” che toccava gli scudi, si impegnava a combattere in onore della dama secondo le condizioni stabilite.

illustrazione morte del cavaliere errante
Foto: Romanzo di Tristano e Isotta. Museo di Chantilly. Dea / Album