La figura storica di Vittoria Colonna
Vittoria Colonna, Marchesa di Pescara, nasce intorno al 1490, studi più recenti indicano la data 1492, figlia di Fabrizio Colonna, nobile famiglia romana, e di Agnese di Montefeltro, dei Duchi di Urbino. Riceve un’educazione molto buona per l’epoca e per essere una donna. Si dedica alla composizione di poesie, prendendo ispirazione dalle liriche petrarchesche.
Vive nel periodo rinascimentale, un momento dove la cultura e l’arte sono ai massimi livelli, conoscendo e stringendo amicizie con letterati ed artisti quali Michelangelo Buonarroti, Ludovico Ariosto, Annibale Caro e Pietro Aretino, per citarne alcuni.
Quando ancora bambina viene combinato il suo matrimonio con Fernando Francesco, appartenente alla famiglia D’Avalos, alleati dei Colonna. Il Matrimonio avviene alcuni anni dopo, nel 1509, ad Ischia nel Castello Aragonese. Nonostante l’unione sia nata per ragioni politiche, il sentimento tra i due sposi è vero e sincero, sebbene il poco tempo trascorso insieme ad Ischia.
Ferdinando Francesco infatti è costretto nel 1511 a prendere parte alla guerra tra Spagna e Francia, sotto il comando del suocero. Nel 1512 viene catturato nella battaglia di Ravenna e deportato in terra francese. Ufficiale dell’esercito agli ordini di Carlo V viene ferito in modo grave nella Battaglia di Pavia nel 1525. Alla notizia del ferimento Vittoria parte per raggiungere ed assistere il marito, ma mentre è in viaggio è raggiunta dalla comunicazione della morte del marito.
La perdita dell’amato la fa cadere in una profonda depressione, arrivando a pensare anche al suicidio, a cui rinuncia solo grazie alla vicinanza e all’affetto degli amici più cari. Prende la decisione di ritirarsi nel convento delle Clarisse vicino alla Chiesa di San Silvestro a Roma, ma viene fermata dall’intervento del fratello Ascanio che sa quanto sia importante la figura della sorella nella gestione della politica della famiglia Colonna e dallo stesso Papa Clemente VII che le ricorda l’importanza di una vita cristiana anche fuori dalle mura di un convento.
È in questo periodo che tesse legami di amicizia con importanti figure del clero, tra cui Bernardino Ochino e Juan de Valdés, avvicinando alla corrente degli Spirutali che intendevano riformare la Chiesa Romana.
Donna dalla grande personalità e fine intelligenza cerca di mediare nel conflitto instaurato da Ascanio I con il pontefice Clemente VII, viaggiando tra Marino ed Ischia. Scampata al sacco di Roma del 1527 ad opera dei lanzichenecchi, si prodiga in aiuti alla popolazione in difficoltà e utilizza beni di famiglia per riscattare alcuni prigionieri. Nel 1541 il fratello fomenta una rivolta contro Papa Paolo III, perciò Vittoria si rifugia a Orvieto e più tardi a Viterbo.
Rientra a Roma nel 1544, dove muore nel 1547 a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute già precarie, evitando l’Inquisizione, poiché indagata per sospetti di eresia, che di lì a dopo i perseguiterà numerosi suoi amici.
L’incontro con Michelangelo: intelletti affini e amore spirituale
Tra il 1536 e il 1538 Vittoria Colonna incontra per la prima volta l’artista toscano Michelangelo Buonarroti. Pochi anni più tardi la loro amicizia diventa ancora più profonda, coinvolgente tanto da far pensare ad un rapporto amoroso fra i due, per lo meno platonico.
Il legame fra i due non è solo amicale, non condividono solo passioni e pensieri, ma anche spirituale, sembra infatti che sia proprio Vittoria ad avvicinare maggiormente Michelangelo alla religione e soprattutto alla corrente riformista degli Spirituali.
Per molti anni i due si scambiano una fitta corrispondenza epistolare di cui ancora oggi vi resta qualche traccia. Ma famosi sono anche i sonetti che Michelangelo compone per Vittoria, in tali componimenti è espresso tutto l’amore per la donna, un amore puro, incondizionato, di grande levatura spirituale.
Nonostante quindi la nota misoginia di Michelangelo la Marchesa era riuscita a fare breccia nel cuore del Buonarroti mantenendo un’amicizia basata soprattutto su uno scambio intellettuale ricco e frizzante.
L’amore che lega queste due grandi figure del rinascimento può essere a ragione identificato con quello che i greci chiamavano Agàpe, la forma d’amore più elevata e pura, non guidata dagli istinti legati al semplice piacere, ma un affetto che mette al primo posto la felicità interiore dell’amato e la sua ricchezza intellettuale.
Nonostante il carattere burbero e scontroso con il quale Michelangelo si mostra al mondo, la sua interiorità è molto più complessa. Buonarroti è profondamente religioso, ha in sé un’immensa spiritualità che però è causa di numerosi dubbi e un profondo e drammatico tormento.
Da un lato le sue opere, che riflettono la bellezza del divino, dall’altro il suo mondo interiore fatto di sentimenti verso altri uomini e difficoltà a rapportarsi con se stesso. È proprio grazie a Vittoria che Michelangelo scopre come la potenza divina si rivela nella grandiosità delle sue opere.
Tra Vittoria e Michelangelo quindi nasce un rapporto intenso, quasi del tutto epistolare, che sopperisce alle necessità di entrambi: Michelangelo riceve sostegno e conforto, Vittoria colma il vuoto creato dalla morte del marito trovando qualcuno a cui destinare il suo affetto.
La Marchesa è per l’artista toscano la prima figura femminile realmente presente nella sua vita, la madre infatti muore quando egli ha solo sette anni. Questa perdita è probabilmente la causa dell’inabilita di Michelangelo ad avere relazioni normali, incapace di vivere in modo sereno gli affetti, un vuoto enorme che ne condizionerà sempre la vita.
Vittoria è quindi la salvezza spirituale del Buonarroti. Riesce con il suo infinito affetto, con la sua indole materna a dargli l’amore di cui aveva bisogno, mostrandogli la possibilità di un legame immortale, spirituale, aiutandolo anche a placare il suo odio per gli uomini di chiesa che manifestano una spudorata superiorità e l’idea di paragonarsi a Dio. Dà la possibilità a Michelangelo di scoprire il suo lato più umano, più buono, permettendogli di sentirsi utile, necessario, di esprimere attraverso le parole l’amore che sente dentro, ma che non era stato capace prima d’ora di esternare.
Dal canto suo Michelangelo dà a Vittoria la sicurezza di potersi esprimere liberamente e di essere ascoltata senza pregiudizi. La Marchesa si sente valorizzata nei dialoghi con il Buonarroti, sente capita la spiritualità delle sue rime, egli la sostiene, la ama, la comprende.
Un amore diverso, inspiegabile a tratti, un affetto fatto di comprensione e fiducia. Michelangelo e Vittoria Colonna sono complici, si conoscono intimamente, è un’unione non di corpi la loro ma di anime. Sono le parole il loro collante, che arrivano dirette allo spirito, unendoli in una relazione che va al di là del mondo terreno, un legame che ha in sé qualcosa di divino.
Le opere di Michelangelo per Vittoria
Per Vittoria Colonna Michelangelo realizza negli ultimi venticinque anni del Cinquecento diverse opere, quasi tutte ad oggi perdute o di difficile attribuzione. A noi rimangono però i disegni preparatori realizzati dal Buonarroti tra i quali i più conosciuti sono sicuramente la Pietà per Vittoria Colonna e la Crocifissione.
La Pietà per Vittoria Colonna
Il disegno preparatore di quest’opera si trova oggi a Boston, mentre alcune copie. Realizzate da allievi, possono essere visionate a Roma e Firenze, anche se non sono al livello di perfezione del Maestro.
La componente emotiva in quest’opera è sicuramente predominante: il Cristo e sorretto con le braccia ad angolo retto da due angeli, incastrato fra le gambe della Vergine Maria colta nell’atto di esprimere tutto il suo dolore rivolgendo le braccia al cielo. Le linee di forza che traggono il corpo di Gesù verso il basso, abbandonato su di una roccia sono bilanciate dalla verticalità della Vergine. In alto una trave, a simboleggiare la croce, dove è possibile leggere un verso del noto poeta fiorentino Dante Alighieri.
Diversamente dalla Pietà di San Pietro, opera giovanile, in questa realizzazione è più marcato il significato profondo del sacrificio di Gesù e della Redenzione che ne consegue per tutti gli uomini con una fede sincera e spiritualmente profonda.
La Crocifissione per Vittoria Colonna
Il disegno della Crocifissione è conservato oggi a Londra, nelle sale del British Museum, ad oggi unica testimonianza del dipinto di piccole dimensioni forse realizzato da Michelangelo e citato in un elenco del Bottari che catalogava i dipinti della Galleria Medicea. Ad oggi copie di quest’opera sono conservate a Casa Buonarroti a Firenze, alle gallerie Pamphili e Borghese di Roma e anche in Spagna nella Concattedrale di Logroño.
Una copia conservata a Viterbo è stata negli ultimi anni al centro di studi poiché sembrano presenti correlazioni con una lettera di Vittoria Colonna al Buonarroti.
Anche per questa Crocifissione, così come per la Pietà primaria è l’emotività intrisa nell’immagine: il Cristo sembra compiere un movimento rotatorio verso l’alto che dà l’impressione che si sollevi dalla croce, questo anche grazie alla rotazione parziale data al busto e alle anche.
Una figura quella di Gesù qui rappresentata con caratteri giovanili, quasi sensuali, forse per riprendere teorie riformiste della Chiesa Romana che leggevano come unica salvezza per l’uomo il sacrificio di Cristo tramite il suo sangue. Ai lati è possibile invece scorgere due angeli dolenti e ai piedi della croce un teschio, forse a simboleggiare la morte.