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la Pietà nell’arte

Le rappresentazioni della Pietà nell’arte

L’immagine della Pietà rimane ad oggi una delle più riproposte nell’arte, icona che ha ispirato tanti artisti a produrre opere di grande intensità e pathos.  Quest’immagine nasce come simbolo del Vespro o Vesperbild e nasce in ambito tedesco per ricordare la sera della deposizione di Cristo dalla croce per poi essere sepolto. Inizialmente si trattava soprattutto di sculture realizzate con il legno dove veniva raffigurata la Vergine Maria che sosteneva sulle gambe il corpo esangue e magrissimo del figlio Gesù, sostenendogli dolcemente il capo con la mano destra mentre con la sinistra gli regge le braccia. La veste della Madonna è riccamente dettagliata, il panneggio risulta accogliere il figlio riverso in totale stato di abbandono, i suoi occhi spesso sono arricchiti da lacrime che ne avvalorano il dolore e la sofferenza. A partire dal Trecento vengono visibilmente ridotte le dimensioni delle rappresentazioni così come anche la grandezza del corpo di Cristo rispetto alla Vergine. Al legno si sostituiranno successivamente altri materiali come terracotta, bronzo o pietra.

Alla fine del XIV secolo si diffondono, inizialmente in Europa centro-orientale per poi arrivare anche nella penisola italiana, immagini della pietà dove l’equilibrio compositivo e la ricchezza dei dettagli smorzano la drammaticità presente nelle precedenti rappresentazioni. In Italia queste immagini del Vespro acquisiscono il nome di Pietà e realizzate soprattutto in opere pittoriche anziché scultoree. Il tema di origine nordica viene ben presto reinterpretato dagli artisti italiani in base ai dettami dell’Umanesimo e del Rinascimento.

La pietà michelangiolesca della Basilica di San Pietro

Tra le opere che riprendono questo tema la più famosa è sicuramente la Pietà di Michelangelo l’opera che lo rese noto ai grandi committenti dell’epoca esprimendone tutto il suo talento. Il 27 agosto 1498 il Cardinale Jean de Bilhères, ambasciatore di Carlo VIII presso Papa Alessandro VI, richiese all’allora artista ventiquattrenne Michelangelo Buonarroti una statua della Pietà, con protagonisti la Vergine Maria e Cristo morente a grandezza naturale, per la sua cappella funebre presso Santa Petronilla. Sebbene il contratto prevedesse la fine dei lavori nell’arco di un anno la Pietà michelangiolesca non fu terminata prima del 1500, nonostante ciò, grazie alla bellezza e alla grandezza della scultura a Buonarroti fu pagata la somma di ben 450 ducati. Inizialmente collocata presso Santa Petronilla, fu poi posta nella Basilica di San Pietro, dopo che a causa dei lavori di ristrutturazione della Basilica stessa, Santa Petronilla fu distrutta.

La Pietà rappresenta la Vergine Maria, posta su una sporgenza rocciosa simboleggiante il Monte Calvario, mentre sorregge il corpo del figlio esamine, dolcemente appoggiato sulle sue gambe. Di grande realismo la veste che indossa la donna, le pieghe sono più grandi e distanti nella parte che copre le gambe, più sottili e fitte sul busto creando un gioco chiaroscurale che rende la tridimensionalità accentuata. La Vergine ha poi un mantello che le copre le spalle e che è usato per avvolgere la schiena del Cristo disteso sulle ginocchia della madre. La mano destra della Madonna è appoggiata al costato del figlio, mentre quella sinistra è rivolta verso l’alto. Sulla fascia che ella indossa è poi posta la firma di Michelangelo: A[N]GELVS BONAROTVS FLORENT[INVS] FACIEBAT. Il Cristo è posizionato abbandonato sulle gambe della Vergine, il corpo magro, esangue trasmette una forte carica emotiva, il capo ricade all’indietro con il viso che guarda verso l’alto. Il forte dramma umano che si evince dalla scena carica lo spettatore di compassione e malinconia; la perfezione anatomica e delle vesti colpisce chiunque la ammiri facendo rimanere stupefatti dalla maestria del giovane artista. Curioso è il fatto che il volto della Vergine Maria sia quello di una giovane ragazza, non quello di una donna ormai matura che accoglie fra le braccia il figlio morto. Michelangelo decise di rappresentare la Madonna con un volto giovane perché voleva richiamarsi principalmente al suo ruolo di vergine, infatti la sua figura di madre del figlio di Dio non poteva essere intaccata dal tempo essendo pura e casta. Il Vasari sottolinea anche come Michelangelo non abbia voluto rappresentare la donna nel momento della morte di Cristo, ma ricordare invece il momento in cui l’angelo le annunciò che sarebbe stata la madre del Salvatore.

La Pietà ha subito nel corso dei secoli diversi danni: nel Settecento la mano destra della Madonna fu danneggiata e perse quattro dita che furono poi restaurate nel 1736 da Giuseppe Liorioni. Il danno più ingente lo subì però nel 1972, quando fu esposta al pubblico e uno squilibrato, Laszlo Toth, la danneggiò pesantemente con un martello. La scultura riportò seri danneggiamenti soprattutto al volto della Madonna e al braccio sinistro della stessa. Fortunatamente i frammenti erano ancora abbastanza integri da poter permettere la ricostruzione delle parti danneggiate, riportando l’opera alla sua bellezza originaria, in grado di emozionare chiunque abbia la fortuna di poterne ammirare la maestosità e la perfezione.

La Pietà Baldini: uno struggente Michelangelo

Negli ultimi anni di vita, forse a causa del grande dolore provato per la perdita dell’amica Vittoria Colonna, Michelangelo entrò in crisi: superati i settant’anni ebbe sentore dell’avvicinarsi della morte e questo lo portò a pensare a progetti per la sua tomba. Tema ripreso più volte era quello della Pietà, molto diversa però la visione di Michelangelo su questo soggetto, l’eterea e perfetta bellezza della Pietà giovanile, lascia il posto ad un’interpretazione più struggente, più concentrato ad esaminare i temi della Redenzione e della Salvezza che deriva dal Sacrificio di Cristo in croce.

La Pietà Bandini o dell’Opera del Duomo viene realizzata proprio in questo periodo, probabilmente tra il 1547 e il 1555; ad oggi è conservata al Museo dell’Opera del Duomo a Firenze. Questa scultura presentò da subito diversi problemi: il blocco di marmo era uno di quelli avanzati dalla tomba di Giulio II, non era un pezzo facile da trattare poiché presentava diversi difetti ed era così duro che venendo a contatto con lo scalpello produceva scintille vere e proprie. Verso il 1553 portò a termine una prima versione della Pietà, non contento però della posizione delle gambe del Cristo provò a modificarla, ma una venatura nel blocco marmoreo causò la rottura della statua. Michelangelo furente colpì ripetutamente la scultura con un martello, provocandone la rottura di diverse sue parti. I segni della rabbia di Buonarroti sono visibili ancora oggi sul gomito, sul petto e la spalla di Cristo e alcuni sulla mano della Vergine.

La scultura fu successivamente venduta nel 1561 all’architetto ed artista fiorentino Francesco Bandini per la cifra di duecento scudi; su di essa mise le mani Tiberio Calcagni che inserì la Maddalena sulla sinistra, non rispettando però le dimensioni delle altre figure, tanto da risultare sproporzionata e qualitativamente inferiore. Nel 1564 il desiderio era quello di portare la statua a Firenze a seguito della sepoltura del Buonarroti in Santa Croce, ma non se ne fece nulla. Nel 1674 fu poi acquistata da Cosimo III de’ Medici e poté così tornare a Firenze, nei sotterranei di San Lorenzo, luogo di sepoltura della famiglia. Successivamente è trasportata nella chiesa in Santa Maria del Fiore, nel 1722, a decoro dell’altare maggiore. La sua destinazione definitiva è dal 1981 il Museo dell’Opera del Duomo.

L’opera rappresenta il momento in cui Cristo viene deposto dalla croce e posto nel sepolcro dai suoi discepoli, insieme alla Vergine Maria. Il momento è drammatico, gli astanti constatano che Gesù è morto, nei dubbi e paure dei personaggi Michelangelo trasporta e rispecchia le inquietudini interiori che lo sovrastano negli ultimi anni della sua vita.

Il Cristo è rappresentato inerme, appoggiato sulla Vergine, che riesce a sostenerlo grazie all’aiuto di Nicodemo e di Maria Maddalena. La forma creata ricorda una piramide, con fulcro nel corpo di Gesù, grazie alle sue linee oblique. Nicodemo, il cui volto per molti studiosi è un autoritratto michelangiolesco, ha il braccio destro alzato e tocca con esso la spalla di Maria Maddalena, mentre il sinistro è abbandonato mollemente davanti alla Vergine, innestandosi nella verticale creata dalla verticale della figura di Nicodemo. La mano sinistra di Gesù è voltata in fuori, come se fosse abbandonata alla morte. Vi è un movimento lievemente rotatorio, da sinistra a destra, che crea un ritmo discendente creando una linea di forza che va dal braccio destro del Salvatore al braccio della Maddalena chiudendo così una forma ellittica con quello sinistro di Cristo.

È forte la carica emotiva e spirituale di quest’opera, la drammaticità è data più dalla particolare e dinamica disposizione dei personaggi che dalle espressioni che esprimono una certa serenità, quasi che Michelangelo volesse così esprimere l’ormai consapevolezza della morte sempre più vicina.

La Pietà Rondanini: l’ultimo capolavoro

La Pietà Rondanini, opera scolpita tra il 1552 e il 1553 per poi essere nuovamente lavorata tra il 1555 e il 1564 è l’ultima opera del grande Buonarroti che vi lavorò anche negli ultimi giorni della sua vita. L’ opera è conservata al Castello Sforzesco ed è possibile ammirarla nell’antico Ospedale Spagnolo dove ha sede il nuovo museo dedicato proprio a questa scultura ricca di pathos e sentimento.

La scultura era stata un interesse solo occasionale, e soprattutto a fini del tutto personali, negli ultimi anni della vita di Michelangelo. Il grande artista desiderava realizzare una Pietà da poter porre sulla sua tomba, che doveva trovarsi inizialmente in Santa Maria Maggiore a Roma e successivamente a Firenze.

Tra il 1552 e il 1553 il genio toscano iniziò a lavorare a una nuova pietà scolpendo una Vergine Maria che sostiene dalle ascelle il corpo del figlio ormai morto. Alcuni studi di questo periodo evidenziano come l’idea originale di Michelangelo fosse molto diversa dalla versione oggi conosciuta. L’intero progetto cambiò rotta dal 1554 circa quando Buonarroti scolpì nell’allora corpo della Vergine una figura nuova di Gesù, conservando solo le gambe piegate della precedente versione, mentre il corpo della Madonna fu ricavato dal petto e dalla spalla sinistra del Cristo precedente. A questa scultura vi lavorò fino a pochi momenti prima della sua dipartita e fu ritrovata nel suo studio al momento dell’inventario. Nel Seicento è certa la sua presenza in una bottega romana e nel 1744 fu comprata dai marchesi Rondanini, che le diedero poi il nome, ed esposta nella biblioteca di palazzo Rondanini a Roma che si trova in Via del Corso. Nel 1904 il conte Roberto Vimercati- Sanseverino acquistò il palazzo e con esso divenne proprietario della statua che fu posta su una base di epoca traianea, un’ara funeraria che raffigurava i coniugi Marco Antonio e Giulia Filumena Asclepiade, sulla quale rimase fino al 2015. Gli eredi spostarono in seguito la Pietà in una villa alle porte di Roma dove fu permesso visionarla. Il Comune di Milano la acquistò nel 1952 e la espose fra le Raccolte Civiche del Castello Sforzesco. Nel 2004 l’opera michelangiolesca è stata sottoposta ad un restauro conservativo che ne ha rimosso le sostanze che avevano intaccato la pietra e la patina giallo-bruna che aveva ricoperto la scultura nel suo insieme.

L’innovazione di quest’opera è il fatto che sia sviluppata verticalmente, mettendo in mostra la grandezza artistica di un Michelangelo quasi novantenne. Nella scultura sono possibili notare le diverse fasi del lavoro di Buonarroti. Vi sono parti più rifinite che si riferiscono alla prima fase scultorea e parti chiaramente non finite segni dei ripensamenti successivi. Finiti sono il braccio destro di Gesù, distante dal corpo esamine e spezzato sopra il gomito, le gambe di Cristo e la torsione del volto della Madonna che però non è concluso nei suoi tratti essenziali. Anche il corpo delle Vergine, il busto e la testa di Gesù non sono stati portato a termine e presentano solo dei tratti abbozzati.

La carica emotiva dell’opera è straripante, Michelangelo concentra tutta l’attenzione sul forte legame che unisce la Vergine al figlio morto. Il rapporto materno, di amore che trascende il tempo e lo spazio è ben rappresentato da un abbraccio che quasi inghiotte il corpo di Cristo in quello di Maria, formando l’idea di un’unica figura. Nonostante ciò, la Vergine non trattiene il corpo del Cristo morto, le sfugge, scivolando lentamente verso il basso, non si sforza probabilmente consapevole che deve lasciarlo andare perché il destino del figlio è quello di essere il tramite per la salvezza dell’intera umanità. Il ruolo di Salvatore è ben sottolineato dalla curvatura della statua che sembra tendere all’alto, se guardata di lato, così a suggerire l’evento prossimo della Resurrezione e il ritorno di Cristo sulla Terra.

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