Cos’è il Codice Leicester
Il Codice Leicester raccoglie gli scritti che Leonardo compose sull’elemento naturale che più di ogni altro lo affascinò nel corso della sua vita: l’acqua.
Qui il genio vinciano si concentra principalmente su studi di idraulica e idrodinamica, analizzando la forza e la potenza delle acque, elaborando teorie sulla formazione dei fiumi e dei bacini idrici e comparando queste costruzioni naturali all’anatomia rilevando una simmetria fra corpo umano e struttura terrestre. A differenza di altre raccolte sembra che i fogli del Codice Leicester non furono parte dell’eredità lasciata a Francesco Melzi, ricomparvero infatti solo nel 1537 a Roma, proprietario lo scultore Guglielmo della Porta. Se ne persero nuovamente le tracce fino al 1690 quando il baule che li conteneva fu acquistato da Giuseppe Ghezzi. Nel 1717 il manoscritto lasciò l’Italia, acquistato dal futuro conte di Leicester, Thomas Coke, e rimase proprietà della famiglia fino a quando fu acquistato nel 1980 da Armand Hammer, che ne cambiò il nome in Codice Hammer, lo stesso che nel 1990 lo donò all’Armand Hammer Museum of Art and Cultural Center presso l’Università della California.

Nel 1994 l’opera finì all’asta e fu comprata da Bill Gates per la cifra astronomica di quasi 31 milioni di dollari. Il milionario americano ne cambiò nuovamente il nome denominando come in passato Codice Leicester. Questo manoscritto leonardesco è l’unico ad essere proprietà di un privato e l’unico modo per riuscire a consultarlo e accedere alla sua versione digitalizzata sul sito ufficiale della British Library.
Com’è composto il Codice Leicester
Il Codice è composto da diciotto grandi fogli ripiegati in modo da formare 36 fogli e 72 pagine. All’interno di queste pagine è possibile trovare oltre ai preminenti studi idraulici anche dissertazioni sulla geologia, sull’astronomia e considerazioni sul corso dei fiumi e le potenzialità distruttrici dell’acqua, oltre a ben 360 fra schizzi, disegni e diagrammi.
Leonardo compone queste sue elucubrazioni scrivendo con la sua solita tecnica della scrittura speculare, le pagine del manoscritto andranno inoltre sfogliate da destra verso sinistra invertendo il senso di lettura al quale siamo comunemente abituati. I fogli sono tutti sciolti, vergati su tutte e quattro le facciate e poi posizionati in sequenza così da comporre un fascicolo. La raccolta non ha una vera e propria coerenza interna, gli argomenti sono tra i più disparati e soprattutto gli scritti vengono composti da Leonardo in momenti e periodi diversi; si crea così una miscellanea in cui sono presenti spesso riferimenti ad altre opere del genio vinciano, come per esempio ad un certo “libro A” che fu smarrito e ricomposti secoli dopo dallo studioso Carlo Pedretti.
La corretta sequenza degli scritti è possibile verificarla grazie ad alcune prove fisiche come le macchie di inchiostro passate da una pagina all’altra, le sbavature del pennino e la sua pressione sui fogli o ancora dai fori lasciati dal compasso. Grazie all’analisi dei fogli è stato possibile dividere la collezione in una serie interna ed una esterna con caratteristiche ed argomenti differenti. La serie interna dal foglio 8 al 18, più uniforme, tratta principalmente dell’acqua in movimento e di ingegneria idraulica, mentre i fogli dall’1 al 7, contengono considerazioni frammentarie riguardo alla natura della Terra nelle sue caratteristiche fisiche e morfologiche e riflessioni sulla luce del Sole e quella riflessa dalla Luna.
Il Macrocosmo naturale
In questi studi Leonardo converge la sua attenzione soprattutto sull’influenza che l’acqua ha nei mutamenti del pianeta Terra, concludendo che le trasformazioni che si susseguono su di essa ed in essa avvengono in lunghissimi periodi di tempo, sono cioè mutazioni cicliche incessanti, continue ed inarrestabili. Analizzarle è possibile secondo il genio vinciano osservando direttamente la natura, studiandone i successivi mutamenti seguendo le leggi meccaniche che di fatto regolano il funzionamento del mondo. Alla base di queste considerazioni vi sono le conoscenze che Leonardo deriva dalla sua personale biblioteca dove tra gli altri si potevano trovare il Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, la Cosmographie di Claudio Tolomeo, il De Situ Orbis di Strabone e il Tractatus de Sphaera di Giovanni Sacrobosco.

Tra i più interessanti spunti di riflessione che questo manoscritto vinciano ci regala è quello riguardante il corpo celeste della Luna: Leonardo evidenzia infatti come, secondo le sue deduzioni, la Luna possa essere identificata come una seconda Terra, regolata dalle stesse leggi fisiche e dalla simile morfologia. Secondo da Vinci il corpo lunare era caratterizzato dalla presenza di vasti oceani che con i loro moti ondosi ne influenzavano la luminosità. Vi erano poi zone formate da protuberanze e montagne che rendevano la superficie del corpo celeste simile ad una mora o una pigna. Su tutti gli studi che riguardano il nostro satellite quello forse più interessante è quello sulla sua capacità di riflettere la luce solare. Leonardo infatti era convinto, a ragione, che la Luna non sprigionasse alcuna luce propria, come sosteneva invece la cosmologia tradizionale, ma che la sua luminosità derivasse dalla riflessione della luce del Sole sugli oceani terrestri che illuminavano così la zona d’ombra del satellite. Si trattava insomma di una luce secondaria o per meglio dire della teoria del Lumen Cinereum.
Un altro aspetto che Leonardo prende in considerazione è quello della formazione delle montagne che lega al movimento della terra causato dai corsi d’acqua, questi fenomeni sposterebbe il centro di gravità del pianeta causando così la formazione delle montagne. Sempre per quanto riguarda i rilievi montuosi un’altra teoria vinciana indica come possibile ragione della loro formazione crolli sotterranei di caverne, che avrebbero dato così origine a montagne, spiegando anche la presenza di fossili marini in zone montuose.
L’acqua è perciò causa e principio di molti dei cambiamenti che avvengono sulla Terra, essa influenza gli altri elementi naturali condizionando il funzionamento della natura. Studiarla e comprenderne il comportamento significa quindi arrivare a capire l’organizzazione del nostro pianeta.
Importanti sono le correlazioni che Leonardo scopre fra le leggi fisiche che regolano i movimenti dell’acqua e quelle alla base dell’elemento aria. Da Vinci conclude che i moti vorticosi che creano strutture a spirale nell’acqua hanno lo stesso comportamento delle correnti d’aria che danno origine alle trombe marine. Il vento è inoltre importante nel processo di evaporazione dell’acqua: influisce sulla formazione delle nuvole che si condensano poi ad alte quote per via dell’aria più fredda. La stessa formazione delle sorgenti montane deriva dall’evaporazione dell’acqua a causa del calore del Sole, questo vapore ascende poi in zone più fredde dell’atmosfera e ritorna ad essere acqua ricadendo sulla cima delle montagne.
Per Leonardo esiste perciò un forte legame fra i moti dell’acqua, quelli dell’aria che compara alla circolazione sanguigna, rilevando una perfetta simmetria fra macrocosmo naturale e microcosmo umano. Nel suo trattato sull’acqua (foglio 17) vi è inoltre lo studio della goccia, la componente elementare dell’acqua. Il genio vinciano ne studia la forma, la coesione e le capacità elastiche cogliendo similitudini con le bolle di sapone.
Leonardo studia con grande dedizione anche gli effetti erosivi che la potenza delle acque poteva avere sulle sponde fluviali o sulle coste marine, sostenendo la pericolosità di sbarramenti od ostali nei letti del fiume che avrebbero potuto causare gravi danni in caso di alluvioni e inondazioni. L’intervento umano sui corsi d’acqua non deve cambiarne radicalmente il normale fluire delle acque, ma deve assecondarlo, costruendo se necessarie dighe e tubi che possano essere utili a canali e pozzi.
Da Vinci deduce anche che la velocità dello scorrere dei fiumi è inversamente proporzionale alla grandezza degli argini per cui più un letto sarà ampio minore sarà la velocità dell’acqua. Famosi sono poi i suoi studi sui Navigli milanesi ed ancor più l’idea che sviluppa in queste carte di una possibile deviazione del corso dell’Arno così da garantire a Firenze un accesso al mare per poter rivaleggiare con la nemica Pisa. Per quest’idea progetta anche delle macchine semiautomatiche, simili a draghe, per poter smuovere la terra dal letto del fiume. In Valdichiana poi pensa ad alcuni canali che permettessero la bonifica della zona, riportata da Leonardo su alcune carte geografiche che riproducono morfologicamente il territorio, con una veduta a volo d’uccello, in tutto simili ai suoi disegni anatomici. Studia inoltre il moto ondoso e il perpetuo impatto sulle rive del mare. Comprende che il susseguirsi delle onde fa si che esse si incontrino in prossimità della riva, quella più indietro si muove verso l’alto attorcigliandosi su quella che la precede che di conseguenza finisce sul fondo e torna verso il largo portandosi dietro la parte inferiore dell’altra.

Curiose sono poi le invenzioni che si trovano disseminate in questo Codice: dalle già citate macchine per dragare i fiumi, alla maschera subacquea e al sottomarino. È anche possibile ritrovare l’antenato del contachilometri, l’odometro, che Leonardo progetta per misurare la lunghezza dei canali.
Il Codice Leicester è un’incredibile raccolta di informazioni e studi che definiscono ancora meglio la genialità di Leonardo da Vinci, la sua incredibile capacità di lavorare su più idee arrivando ad intuizioni straordinarie per l’epoca. Un vero uomo di scienza, una personalità affascinante, le sue invenzioni precedono di secoli le nostre macchine contemporanee dandoci un piccolo assaggio di quanto la mente umana è in grado di concepire ai suoi massimi livelli.
La sua idea di un’unione e similitudine fra il microcosmo dell’uomo, la sua anatomia, e il macrocosmo naturale lo guida in ogni sua scoperta, come un’eterna voglia di affermare la nostra inscindibile dipendenza dal mondo che ci circonda.