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Curiosità tecnica artistica: la fusione a cera persa

Una tecnica artistica antica

Tra il 1565 e il 1567 Benvenuto Cellini scrisse il “Trattato della scultura” dove descriveva la tecnica utilizzata per realizzare il suo Perseo, opera scultorea fra le più importanti del periodo manierista. La tecnica che il grande artista usò era quella della fusione a cera persa, utile soprattutto in casi dove l’artista si trovava a dover lavorare su sculture di grandi dimensioni, come per esempio il Perseo che pesava all’incirca tre tonnellate. 

Questa tecnica era nota da tempi antichissimi: già nell’età del Bronzo gli uomini la utilizzavano per produrre monili e piccole statuette. Esempi di oggetti prodotti secondo questa tecnica si possono poi ritrovare fra gli Egizi e le civiltà della Mesopotamia, ma è sicuramente in epoca classica, con i Greci prima e i Romani poi, che questo particolare metodo si diffonde in maniera esponenziale.

Come già detto il vantaggio nel suo utilizzo era quello di rendere più facile la fabbricazione e la lavorazione di statue di grandi dimensioni, riducendone il peso e permettendone maggiore mobilità e dettagli più accurati, non contando un uso di una quantità minore di bronzo.

Un esempio di questo periodo sono i Bronzi di Riace, rinvenuti nello Ionio nel 1972, a circa 300 metri dalle coste di Riace in Calabria. sulla provenienza e gli autori di queste statue sono state fatte diverse supposizioni, la più interessante è forse quella che ha preso in considerazione lo studio della terra di fusione rinvenuta al loro interno. Analizzata dopo essere stata prelevata dai fori nei piedi, questa terra ha rivelato che le due statue proverrebbero dalla città di Argo e dalla città di Atene. Le due sculture avrebbero fatto parte del monumento ai Sette contro Tebe e ai loro figli localizzato nella piazza cittadina della città di Argo.

La fusione a cera persa fu poi quasi del tutto abbandonata durante il periodo medievale, a causa del costo elevato per il suo impiego. Nonostante ciò rimangono almeno alcuni esempi dell’uso di questo metodo durante il medioevo, primo fra tutti la porta in bronzo della chiesa di San Zeno a Verona, scolpito intorno al 1100 d.C. Altro esempio solo le campane medievali, molte delle quali realizzate con la tecnica della a cera persa. L’utilizzo di questo procedimento fu però sempre molto in voga nell’Impero bizantino, dove fu spesso utilizzato per la scultura di personaggi sacri e religiosi.

Nel Rinascimento, in seguito al desiderio di recuperare lo spirito e gli aspetti della civiltà classica, questo metodo fu rivalutato e vide una seconda fiorente e proficua diffusione. Il primo esempio di questo nuovo moderno utilizzo della tecnica a cera persa fu il San Giovanni Battista di Lorenzo Ghiberti, realizzato fra il 1412 e 1416. La statua fa parte del ciclo di quattordici sculture dei protettori delle Arti di Firenze, posizionate all’esterno della chiesa di Orsanmichele in apposite nicchie. L’opera è in bronzo ed è alta ben 268 cm. Fu lavorata in più pezzi, così da prevenire eventuali fratture e permettere una resa più naturale e realistica.

Il già citato Cellini utilizza per le sue opere il metodo dell’anima modellata ricoperta dalla cera, realizzando così opere uniche ed irripetibili. Vasari sarà colui che invece parlerà del metodo indiretto, con l’uso di più forme di gesso riutilizzabili, procedimento che era stato inventato già al tempo dei Greci. I metodi realizzativi vedranno un netto miglioramento a partire dal Giambologna, scultore fiammingo attivo soprattutto a Firenze, sia nella tecnica sia nella qualità della fusione. Questa tecnica continuò ad essere frequentemente utilizzata da artisti e scultori, tanto da essere ancora fra i principali procedimenti di lavorazione del bronzo ancora nel ‘900.

I materiali lavorati

La lavorazione a cera persa ha come componente principale il bronzo, una lega di rame e stagno. Nel corso dei secoli la percentuale dei due materiali ha subito variazioni dovute principalmente alle loro caratteristiche tecniche. In Epoca Romanica venne preferita una lega con una quantità maggiore di stagno, più fluido e meno malleabile, così da ridurre la lavorazione a freddo. Durante il periodo rinascimentale fu invece privilegiata una percentuale minore di stagno, creando così una lega più densa che portava l’artista a dover poi agire sul manufatto con numerose modifiche e perfezionamenti. Il Perseo di Cellini necessitò di cinque anni di lavoro, mentre le porte del Battistero di Firenze impegnarono Ghiberti per ben ventitré anni.

Il bronzo veniva lavorato secondo due tecniche principali, l’una detta a fusione piena, l’altra la già citata fusione a cera persa. La fusione piena è a matrice, quando il bronzo è colato direttamente dentro un modello in terracotta, oppure a cera perduta con modello pieno dove la lega è colata in un prototipo di argilla precedentemente modellato su una figura in cera. La fusione a cera persa può invece essere divisa in due tecniche distinte in base al procedimento adottato: si parla di metodo diretto e metodo indiretto. 

La fusione a cera persa: il metodo diretto

Per il metodo diretto viene creato un modello su cui poi lo scultore aggiungerà in successione diversi materiali, ognuno aventi caratteristiche specifiche. La fusione in questo caso può essere unica quando si tratta di statue di dimensioni contenute, per le sculture molto imponenti invece vengono fuse separatamente i diversi componenti della figura per poi essere uniti tramite saldatura o l’applicazione di perni. Viene inizialmente creato un modello, detto anima, con della terra refrattaria.  

Su di esso è applicato uno strato di cera che viene modellata in maniera particolareggiata. Sulla cera è poi steso uno strato di materiale refrattario, camicia, dove sono elaborati gli ultimi dettagli. Per ultimo è applicato un altro materiale, che può essere gesso o terra refrattaria, la cappa, dove sono applicati dei canali di getto che serviranno per l’uscita della cera al momento della cottura. Un’apertura consentirà invece l’ingresso del bronzo.

Il lavoro così completato viene cotto ad una  temperatura di circa 400/500° C, favorendo lo scioglimento della cera che crea un’intercapedine fra lo strato più esterno e l’anima interna.

Il bronzo viene poi versato nell’intercapedine così da formare la figura prestabilita. Vengono riempiti anche i canali di getto che hanno favorito l’uscita del vapore permettendo una stesa uniforme del metallo. Una volta raffreddata viene eliminato l’involucro esterno e la scultura può così essere rifinita, privandola dei canali di getto, levigata e lucidata.  

Gli esemplari prodotti secondo questo metodo sono pezzi unici poiché il modello in cera viene perduto durante la cottura e la forma esterna è rotta per estrarne l’oggetto bronzeo. Questa tecnica nasce e si sviluppa a partire dal III secolo a. C.; nell’Auriga di Delfi si può vedere come la statua fosse stata realizzata in più pezzi, con il braccio sinistro che avrebbe dovuto incastrarsi perfettamente nella spalla. 

La fusione a cera persa: il metodo indiretto

Il metodo indiretto per la realizzazione di bronzi sembra avere la sua origine intorno al V secolo a.C. quando con questa tecnica furono scolpiti le più famose statue greche, come l’Apoxyòmenos di Lisippo o il Discobolo di Mirone, di cui a oggi ci restano solo le copie romane in marmo. Precedentemente si era ritenuto che questo metodo fosse nato per produrre più repliche di una stessa opera, non prevedendo la perdita del modello, e così soddisfare la sempre più numerosa richiesta di opere per le case di aristocratici facoltosi.

Se per il metodo diretto si procedeva dall’interno verso l’esterno per il metodo indiretto è l’esatto contrario, andando a riempire invece di stratificare.

Viene realizzato un modello d’argilla con dettagli finemente lavorati dal quale si ricava poi un calco in gesso, formato da vari pezzi ricomponibili separatamente dal modello. Della cera viene spennellata sulle varie componenti; asciugata viene staccata dai tasselli in gesso e la statua viene ricostituita su un modello in materiale refrattario. La prova in cera viene quindi ulteriormente rifinita e su di essa sono fissati i canali di getto. Essa viene poi ricoperta con altro materiale refrattario e successivamente si procede alla cottura con lo scioglimento della cera e la colatura del bronzo, fino ad arrivare al prodotto finale. 

La tecnica della fusione a cera persa permette di ottenere opere scultoree con una precisione altissima nella realizzazione dei dettagli.

La cera è un materiale molto malleabile che si presta bene ad essere lavorato dalle mani sapienti dello scultore che può così rendere la sua opera perfetta dal punto di vista estetico e materiale.

Questo permette la nascita di sculture altamente dettagliate e uniche nella loro bellezza che le rende vicine al vero.

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